Le fonti storiche della vicenda di Giuseppe Flavio

 

Dall'opera di Giuseppe Flavio, "La guerra Giudaica" (testo originale in Greco, ca. 75 d.C.)

Libro III - Dall'arrivo di Vespasiano alla caduta di Gamala

Capitolo 8 - Caduta di Iotapata [Yodfat]: Giuseppe Flavio e' condotto da Vespasiano (estratti)

1. Allora i Romani cercarono Giuseppe [...] perché il loro generale [Vespasiano] era assai desideroso di catturarlo; in quanto riteneva che una volta catturato, la parte più importante della guerra sarebbe superata. [... Infine] fu scoperto. Di conseguenza Vespasiano inviò immediatamente [...] due tribuni [...] con l'ordine di porgere le loro mani destre a Giuseppe per assicurargli la vita ed esortarlo a seguirli.

2. [...] Tuttavia, egli temeva di essere destinato a una punizione, finché Vespasiano inviò presso di lui un terzo tribuno [...] che era ben conosciuto a Giuseppe da molto tempo [...].

3. Come Giuseppe cominciò a mostrare incertezza di fronte alla proposta [dell'amico], i soldati [che erano con lui] si adirarono a tal punto, da minacciare di appiccare il fuoco al rifugio [dove si erano nascosti ...].

4. Dopo aver parlato [ai suoi soldati, Giuseppe] si rese [all'amico]. Ma i [soldati] Giudei [...] gridarono coralmente: "[...] Dio ha creato le anime dei Giudei dotandole di una tempra tale da non temere la morte. O Giuseppe! Sei ancora così legato alla vita? E riusciresti a sostenere la vista della luce in condizioni di schiavitù? Hai dimenticato così presto quello che tu stesso dicevi! Quanti hai persuaso a perdere le proprie vite per la libertà! [...]." Appena dette queste cose, cominciarono a puntare le spade verso di lui e a minacciare di ucciderlo se si fosse consegnato ai Romani.

5. Allora Giuseppe si dispiacque di essere attaccato dai suoi come se fosse un traditore dei comandamenti di Dio [...]. Così cominciò a parlare loro da filosofo [...]: "O amici miei, perchè siamo così impazienti di ucciderci? [...] È da coraggiosi morire in guerra, ma secondo le leggi della guerra, per mano dei conquistatori. Perciò, se fuggo alla morte portata dalle spade dei Romani, allora merito veramente di essere ucciso con la mia stessa spada; ma se [i Romani] hanno compassione dei loro nemici e li risparmiano, quanta più compassione dobbiamo avere di noi stessi, risparmiando le nostre vite? [...] Il suicidio è un crimine sconosciuto alla natura comune a tutti gli animali, e un atto empio nei confronti di Dio nostro creatore [...]. Perché è da Lui che abbiamo ricevuto la nostra vita, dobbiamo lasciarla a sua disposizione [...]. I corpi di tutti gli uomini sono infatti mortali, e sono fatti di materia corruttibile; ma l'anima è immortale, ed è una porzione del divino che abita i nostri corpi. [...] Non sapete che coloro i quali se ne vanno da questa vita secondo le leggi della natura [...] gioiscono di eterna gloria; che le loro case e la loro posterità sono sicure, che le loro anime [...] sono destinate al luogo più santo in paradiso [...]; mentre le anime di coloro che hanno agito follemente contro sé stessi sono destinate ai luoghi più bui dell'Ade [...]? Per questa ragione Dio non tollera questi atti, e il crimine è punito dai legislatori più saggi. [...] Perciò, amici miei, [... non è giusto] aggiungere alle calamità portate su di noi dagli uomini l'empietà verso il nostro Creatore. Se c'è una possibilità di preservarci, comportiamoci di conseguenza; Poiché essere risparmiati dai nostri nemici, ai quali abbiamo dato così tante dimostrazioni di coraggio, non è affatto inglorioso [...].

6. Giuseppe usò queste e altre simili motivazioni per evitare che [i suoi] uomini si uccidessero; ma la disperazione aveva tappato le loro orecchie, e questi si adirarono nei confronti di Giuseppe. Si lanciarono con le loro spade verso di lui [...] e lo accusarono di codardia [...]. Tuttavia, alcune delle loro mani destre erano indebolite dalla riverenza verso il loro generale in queste calamità fatali, e le spade caddero dalle loro mani [... e molti altri] o non vollero o non furono capaci di colpirlo.

7. Comunque, malgrado l'estrema tensione, non gli mancò la consueta sagacia; ma confidando nella provvidenza di Dio, mise in gioco la sua vita affidandosi alla sorte: "E adesso", disse, "visto che ormai siete decisi a morire, venite e affidiamo al caso [l'ordine] secondo cui ci procureremo mutuamente la morte. Colui che sarà sorteggiato per primo, sarà ucciso dal secondo sorteggiato, e così via [...], [in modo che] nessuno di noi perisca per azione della propria mano destra, [e] perché sarebbe ingiusto che, quando gli altri se ne siano già andati, qualcuno si penta e salvi sé stesso." Questa proposta sembrò loro molto giusta; e quando li ebbe convinti a regolare la questione attraverso sorteggi, estrasse un numero anche per sé. [...] Se anche Giuseppe fosse morto con loro, la morte sarebbe sembrata più dolce della vita; ma, che ciò sia dovuto al caso o alla provvidenza di Dio, [Giuseppe] restò per ultimo assieme a un altro. E poiché voleva assolutamente evitare sia di essere condannato dalla sorte, sia, se fosse rimasto per ultimo, di bagnare la propria mano destra nel sangue di un concittadino, lo persuase a concedergli fiducia e a far sì che entrambi rimanessero vivi.

8. Così Giuseppe riuscì a salvarsi nella guerra con i Romani e nella propria personale contesa con i suoi amici, e fu condotto [...] da Vespasiano. [...].

 

Conta ispirata al racconto di Giuseppe Flavio

Sulla base di fonti diverse da quella Greca, la tradizione (leggenda?) tramanda specifiche modalità di "sorteggio". Ecco una versione rielaborata del problema:

N sgabelli sono disposti in cerchio attorno a una tavola rotonda, numerati da 1 a N in senso orario (in particolare a sinistra dello sgabello n. N si trova lo sgabello n. 1). Inizialmente, su ciascuno sgabello prende posto un cavaliere con una tazza davanti a sé e il cavaliere seduto al posto n. 1 riceve una brocca di sidro abbastanza capiente per soddisfare tutti. Per servire il sidro si procede applicando le seguenti regole. Il cavaliere con la brocca versa il sidro nella tazza del cavaliere più prossimo alla sua sinistra, che una volta riempita la propria tazza si allontana dalla tavola e va a bersi il sidro sotto una pergola. Quindi il cavaliere con la brocca la passa a quello che viene a trovarsi alla sua sinistra dopo l'uscita del cavaliere che è stato appena servito. Di volta in volta, chi riceve la brocca e chi viene servito ripetono le stesse azioni.
Poichè la brocca contiene sidro in abbondanza, chi alla fine resterà a tavola da solo avrà l'opportunità di vuotarla riempiendo ripetutamente la propria tazza. Se fossi tu uno dei cavalieri, quale sgabello sceglieresti, identificato dal corrispondente numero, per avere questo privilegio?

Nella raffigurazione dell'applicazioncina proposta qui di seguito il cavaliere con la brocca è indicato da una "lancetta":

"Conta" di Giuseppe Flavio

Agendo sul pulsante procedi, la lancetta ruota in senso orario puntando, a passi alterni, verso il cavaliere che viene servito ed esce per assaporare il sidro sotto la pergola, quindi verso il cavaliere che riceve la brocca, e così via. Si può anche introdurre un intero positivo nel campo di testo a sinistra del pulsante e digitare il tasto di invio per modificare il numero di cavalieri attorno al tavolo.

 

In realtà la "conta" che viene più spesso attribuita a Giuseppe Flavio corrisponde all'uscita di un cavaliere ogni tre, come nella seguente versione del giochino interattivo:

"Conta" di Giuseppe Flavio (versione alternativa)

Questa diversa versione può essere l'oggetto di un esercizio di programmazione in Java.